mercoledì 13 maggio 2015

Quale lavoro ?

Cara Amica, abbiamo già accennato al tema del Lavoro in questa lettera, parlando dei concetti di "scarsità" e "abbondanza", e vedendo come il mainstream attuale, giocando sulle parole ed occultando ogni vera dinamica dei fatti, fornisca una visione sempre parziale atta a non far comprendere i temi nella loro complessità, e quindi interiorizzare solo ed unicamente i "mantra" del Pensiero Unico, impedendo la visione dell' intera trama del grande gioco di controllo in atto ad ogni livello, e quindi il potersi formare di un pensiero alternativo concreto ed attuabile.
Torniamo oggi sul tema, demolendo i principali mantra dimostrandone la loro assurdità, scoprendo i veri interessi che dietro ad essi si celano, e cercando di capire se e come sia possibile concepire e costruire un diverso approccio al tema basilare della produzione, del lavoro, della distribuzione, del consumo, riconducendoli al vero ed essenziale scopo che essi dovrebbero ricoprire in un mondo "normale".

IL SENSO DEL LAVORO
Ha senso un sistema che obbliga i "non produttivi" all' esclusione sociale, ad una vita di stenti, addirittura alla morte per disperazione, indigenza, fame ecc, ma che al contempo non è in grado di garantire la sopravvivenza tramite il suo osannato dio del mercato, della produttività, della competitività ? Ha senso un sistema dove non solo gli ultimi vengono esclusi in questo modo brutale, ma riduce la stessa esistenza ad una lotta di tutti contro tutti, dove ognuno guarda il prossimo in cagnesco e vige la regola del "mors tua, vita mea" ? Ha senso un sistema produttivo che obbliga a morire proprio quegli stessi elementi produttivi che dovrebbe potenzialmente riverire, che porta ad impiccarsi per disperazione sia il contadino indiano che l' industriale del Triveneto, e crea schiere di disoccupati nella manodopera in nome della "produttività" ? Ha senso un sistema che obbliga, quando le cose vanno bene, a passare una vita esclusivamente dedita al lavoro, e quando vanno male sacrifica gli stessi lavoratori con le sue crisi economiche, i suoi disordini sociali, ed infine li manda al massacro in una qualche guerra "necessaria" ? Ha senso una vita passata in questo modo, spesa sempre e solo a rincorrere il soldo, a rincorrere il consumo coatto, per poi trovarsi privati sia del propio tempo, che degli aspetti più autentici dell' esistenza, che delle stesse sostanze per cui abbiamo investito ogni singolo respiro della nostra già breve vita ? 
O non dovrebbe il lavoro servire alla pura soddisfazione dei fabbisogni, non dovrebbe il denaro essere puro strumento asservito ad una più alta idea di esistenza, non dovrebbero entrambi SERVIRE l' Uomo, e non il contrario come oggi succede ? Oggi assistiamo sempre più ad un sistema produttivo ed esistenziale tout-court che in ogni aspetto implode sotto lo stesso peso delle proprie contraddizioni; tuttavia il Pensiero Dominante continua imperterrito a proporci i suoi mantra, le sue proposte di "salvezza" perseguendo ostinatamente sempre la stessa concezione che ci ha condotti fin qui. E riesce a farlo proprio perchè la gente non sa pensare, disdegna di spendere 10 minuti della sua peraltro stupida esistenza per interrogarsi davvero su quelle che, a volerle approfondire solo un attimo, risultano essere semplicemente delle gran balle, degli assurdi controsensi imbastiti ad hoc proprio dalla classe che per sè ha scelto di vivere senza lavorare, ma accumulando enormi ricchezze e potere alle spalle degli allocchi. Il più grande mantra che sentiamo proferire oggiorno è che "il lavoro manca", e quindi bisogna farsene una ragione ed accettarne tutte le implicite e funeste conseguenze. Vediamo quindi di inserire la spina del poco cervello che ci rimane, e cercare di far luce su questo dogma tanto comunemente accettato.

- Il lavoro manca ?  Ma come, dovunque ci giriamo vediamo catastrofi, disservizi, strutture pubbliche che cadono a pezzi, una rete ferroviaria da medioevo, buchi nelle strade, volontari che si prestano per espletare servizi che lo stato non è più in grado di fornire ... e contestualmente ci sono milioni di disoccupati. Ohibò, qui qualcosa non quadra ! Come è possibile affermare che sia "il lavoro" a mancare se contestualmente ho dei bisogni collettivi da soddisfare e gente costretta a starsene con le mani in mano ? Basterebbe riempirla quella buca, et voilà, ecco presi due piccioni con una fava ... Contestualmente però ci massacrano con altri mantra, per cui occorre essere "più produttivi", e più "competitivi" perchè "non ci sono soldi". Il che è un controsenso con quanto asserito sopra: fatemi riempire quella buca perdinci, e sarò produttivo ! E poichè produco un servizio contestualmente produco ricchezza, quindi anche soldi ! Ma come posso mai essere più competitivo se sono disoccupato e ridotto alla fame, mentre potrei tranquillamente riempire quella buca e produrre ricchezza, ma "voi" non me lo lasciate fare ? Mah ...

- Chi guadagna senza lavorare ?  A questo punto al disoccupato, che non si è ancora risolto ad appendersi ad una trave, viene in mente che potrebbe guadagnare senza lavorare: "in fondo sono i soldi che mancano, non il lavoro, ma se non me lo lasciano fare tant'è, in qualche modo dovrò pur mangiare". Può darsi al crimine spiccio, o a quella forma di crimine un po' più sofisticato che prende il nome di SPECULAZIONE: accendere un computer e mettersi a giocare in borsa, attività peraltro considerata perfettamente legale. Si scommette sul rialzo o ribasso di azioni, magari provocando il fallimento contestuale dei piccoli produttori che in borsa non sono collocabili, ma chissenefrega ... non fanno così anche i grandi finanzieri ?
Ohibò, a questo punto comincia a farsi strada nella mente del nostro disoccupato un' illuminazione: "ma non sarà che chi guadagna ad alti livelli senza lavorare ha interesse a controllare lo stesso mercato del lavoro ? Non sarà che gli stessi che speculano hanno interesse a provocare i fallimenti su vasta scala, e che i grandi azionisti di una multinazionale hanno tutto l' interesse a sopprimere ogni possibile concorrenza, ogni attività autonoma, per meglio monopolizzare il mercato, ed in seguito avere grande disponibilità di manodopera a prezzi da fame per produrre le merci che piazzerà in tutto il globo tramite la grande distribuzione ?" Ecco che nella mente del nostro cominciano a prendere una fisionomia sinistra ma ben più precisa quelli che per Tv sente nominare come "i Mercati", o "la Comunità Internazionale" ...  

- Chi controlla il lavoro ?  Al che al nostro viene il dubbio che la Tv non gliela stia poi raccontando proprio giusta, e qualcuno abbia interesse a controllare il gioco, soprattutto il gioco del lavoro, per poter produrre a poco in Africa o in India e rivendere a molto in Europa o in America. Tenendo le chiappe ben salde in una qualche "SpA" con sede legale alle isole Caiman. Il lavoro insomma viene trattato alla stregua di una merce, di una qualsiasi materia prima da accaparrarsi al minor prezzo possibile. E solo adesso il nostro si accorge che effettivamente vanno in questo senso tutte le varie cosiddette "riforme" strombazzate dal governo di turno: dichiarare a gran voce la "mancanza di lavoro", con tanto di grafici terrifici sulla montante disoccupazione, per poter svendere la manodopera a più basso costo e con minori tutele di diritti. A chi ? Sempre a grandi azionisti, che sono i beneficiari e stanno parallelamente nei Cda di multinazionali, finanziate tramite finanziarie di cui sono azionisti, ed infine scommettono in Borsa sugli andamenti di un mercato che sono loro stessi a determinare.
Anonimi ma concreti personaggi, ben trincerati e occultati dietro lo strapotere giuridico ed economico di cui gode una grande Spa, che costituiscono il VERO SISTEMA (occulto) dietro quello apparente fatto di pseudo-politici asserviti e media leccaculo.
Il nostro finalmente si rende conto che, come aveva intuito, non è che in sè il lavoro manchi, ma ne viene impedito un logico e razionale mercato per canalizzarlo nelle fauci della grande distribuzione, della speculazione dei grandi azionisti, in una parola dei "Mercanti" che di tutto fanno merce di scambio e veicolo per accumulare sempre più "profitto", da reinvestire a sua volta in Borsa per riceverne ulteriore profitto, in un gioco assurdo che porta prima al possesso di beni e servizi concreti attraverso le crisi provocate e le conseguenti svendite e privatizzazioni pilotate, infine al massacro finale. Che di regola avviene, ciclicamente, sia perchè costituisce ulteriore occasione di guadagno ( mercato delle armi, ricostruzione dell' avvenuta devastazione, ecc ), che di ripartire impunemente daccapo, ritornando ora a far lavorare e produrre gli allocchi.

Ma voi, pur di non pensare 10 minuti con la vostra testa, siete tuttavia ancora disposti a fare la parte degli allocchi e bervi le fesserie dei Media. E magari farvi infine massacrare in qualche guerra con la scusa del patriottismo, o quella di salvarvi da un pugno di cattivissimi terroristi con fregole di conquistare il mondo, e che nel frattempo non trovano niente di meglio da fare che farsi pubblicità a destra e a manca, scattandosi selfie da spedire a tutto il globo, lasciando patenti e carte d' identità variamente in giro, assaltando maldestramente la sede di un discutibilissimo giornaletto di fumetti, che tanto dei veri potenziali obiettivi strategici chissenefrega ...

- 4 ore al giorno.  E pensare che invece, con il livello di tecnologia attualmente raggiunto, si potrebbe lavorare 4 ore al giorno liberando il TEMPO dell' uomo dalla schiavitù del lavoro, riportando quest' ultimo e la produzione in generale al suo vero scopo che è quello di garantire il fabbisogno, e stop. Dando finalmente il tempo all' uomo di vivere gli affetti, coltivare più genuini interessi e i rapporti sociali, avere il modo di informarsi e pensare, potersi dedicare all' accrescimento del proprio sapere, cultura, spiritualità, così da non essere più quell' allocco a testa china dedito solo al lavoro che i grandi monopolisti riescono ad infinocchiare tanto bene, per il dritto e per il traverso. E se diminuire l' orario di lavoro potrà essere facoltativo per chi nel proprio lavoro trova piena realizzazione personale, andrà assolutamente fatto proprio nei confronti di quei lavori e categorie più strettamente produttivi, ripetitivi ed alienanti. Fermo restando il fatto che il ridotto orario lavorativo potrà e dovrà comunque consentire una vita del tutto dignitosa, e che funzione del salario sarà quella di permettere non solo la sopravvivenza, ma anche la possibilità di potersi dedicare senza problemi ad altri interessi, e a condurre soddisfacenti rapporti sociali. Salvaguardare poi le persone dalla malattia, dallo sfruttamento ecc. dovrà esser compito di una politica intesa nel vero senso del termine, al servizio del cittadino e non più asservita ai monopolisti come oggi accade. Il "consumo" e la "produttività" non saranno più gli unici scopi dell' esistenza, che tornerà a riappropiarsi del suo senso più autentico; e il lavoro e la produzione saranno asserviti alla pura funzione di espletamento delle necessità esistenziali, in antitesi al "dio profitto".      
     
LA FIGURA DEL MERCANTE
L' unico episodio che ci narra un Cristo veramente infuriato è quello della cacciata dei mercanti dal Tempio. Perchè tanto astio nei loro confronti ? Perchè arriva a chiamarli "spelonca di ladri" ? Non è forse il mercato l' anima stessa dell' economia, come ci dicono i mantra attuali ? Non sono proprio i Mercati che decidono e condizionano ogni nostro comportamento economico ( e non ) perchè senza la loro saggia regolamentazione non sapremmo come comportarci, e sfoceremmo nell' anarchia ?

- Il mercante mira sempre al monopolio.  Il fatto, che oggi ben vediamo, è che è la mentalità stessa del mercante ad essere "sbagliata", in quanto tende a fare oggetto di lucro il semplice "scambio" di merci e servizi prodotti da altri. Tale funzione, che dovrebbe essere gratuita o comunque costituire un costo sociale MINIMO in quanto non apporta nulla alla reale produzione, è via-via diventata invece quella più cara ed esosa. Il mercante, arricchendosi col puro scambio, tenderà ad aumentare sempre più il numero dei suoi potenziali clienti, e far aumentare sempre più il dislivello tra il prezzo d' acquisto e quello di rivendita. In una parola, tenderà automaticamente sempre al MONOPOLIO.
Cosa fa il mercante ? Il mercante va dall' artigiano e dal contadino e gli dice che dandogli retta e producendo in un certo modo potranno estendere la loro clientela, non solo al vicinato ma addirittura a tutto il mondo. Il contadino e l' artigiano, un po' perchè boccaloni ed un po' perchè costretti dal comportamento degli altri, accettano. Ma l' anno dopo il mercante, ormai ottenuto il monopolio, ecco che comincia a voler pagare meno il produttore. L' anno successivo ancora meno, mentre intanto lo Stato, messo nelle stesse condizioni, chiede al produttore più tasse, e gli fornisce sempre minor assistenza e servizi. L' anno ancora successivo molti produttori saranno finiti in bancarotta, e questa è una grande opportunità per il mercante, che può ora acquisire a prezzi stracciati anche le capacità di produzione altrui ...
E se in passato il mercante rischiava e ci metteva del suo, intraprendendo con le sue navi viaggi rischiosi e pericolosi, e dunque apportando comunque un servizio alla collettività, oggi tale ruolo è venuto sempre meno, ed il mercante non solo non rischia più nulla, ma si dedica ad una forma di scambio sempre più tendente al  virtuale, uno scambio che con un clic di computer trasferisce non più beni concreti ma valori virtuali. Oggi il mercante manipola perlopiù cose intangibili quali azioni, quote, tassi di scambio ecc, ma che hanno l' effetto pratico, come visto sopra, di portare disperazione, miseria, distruzione, morte, e ridurre la gente a mera merce asservita alla logica mercantile, in una parola a schiavi commerciabili, esattamente come accadeva negli imperi del passato.

- Mercanti armati.  Che nel corso della Storia i mercanti si siano sempre appoggiati al potere costituito non fa dunque stupore, essendo quella la via che garantiva loro sempre il miglior mercato, mercato da favorire volentieri anche col ricorso alle armi, che costituivano ulteriore mercato ...

- L' inganno del Debito e delle Privatizzazioni.  E si arriva ai tempi odierni dove, nelle regioni più evolute e civilizzate ( mi si passi il controsenso ), alla guerra si preferisce un modo più "soft" per entrare in possesso di potenziali mercati, beni materiali e potenziali forniture di servizi. Il mercante si è accorto che poteva fare anche del denaro ( che dovrebbe essere ancora un puro veicolo di scambio adottato dalla collettività ) un oggetto di speculazione, impadronendosi del monopolio della MONETA. Assumendosene come un dio la "creazione" ( in realtà sottraendo tale funzione alla collettività ) e pretendendo di "prestarla" per poi chiederla in restituzione. E facendone nient' altro che uno strumento per strangolare la gente, per sostituirsi sempre più capillarmente allo Stato, finendo col renderlo suo complice, anzichè antagonista, nella funzione di dominio e controllo di quelli che ormai sono puri e semplici allocchi senza più nessun santo protettore. Le privatizzazioni di strutture e servizi, sempre più invadenti fino a prendersi quello di battere moneta in vece della collettività, diventano lo strumento con cui, con la scusa di ripagare un debito ILLECITO, il mercante progressivamente si sostituisce allo Stato, diventa egli stesso "lo stato".    

Il mercante dunque si è sostituito sempre più alla pura funzione di scambio, allo Stato, alla collettività, facendone oggetto di speculazione e monopolio. Finendo per monopolizzare la vita stessa, non solo le merci, in nome di un servizio, LA CAPACITA' DI SCAMBIO, in realtà usurpato alla collettività e che egli falsamente si attribuisce e controlla.
Cominceremo a vagliare nelle prossime lettere un più congruo ed umano sistema di produzione e di distribuzione, un sistema che non sia monopolizzato dai mercanti, e che non conduca alle crisi e alle "guerre necessarie", ma ad una pace stabile ed al vero sviluppo, soprattutto delle più autentiche potenzialità umane.
Un sistema per le persone, anzichè per le cose.

Alla prossima, tuo Patrick Troll